Una storia che ha radici profonde
Nel territorio ferrarese è storicamente mancata un’articolazione organizzativa per Rioni e/o Borghi, riscontrabile invece in altri contesti politici.
L’autocrazia signorile, caratteristica peculiare della dinastia Estense, scoraggiò, anzi, impedì ogni forma di micropotere territoriale tale da poter costituire una possibile fonte di futuro pericolo. I vari quartieri non godevano quindi di alcuna autonomia: consistevano quasi sempre in mere aggregazioni amministrative ricollegate alle 56 Parrocchie, che svolgevano compiti sia istituzionali di culto, sia di tipo civile (registrazione anagrafica dei residenti).
A questo punto può sorgere la domanda: perché oggi parliamo di Contrade?
L’equivoco è facilmente spiegabile: le Contrade odierne non provengono da un quasi millenario passato, senza soluzione di continuità, tramandando ritualità, strutture, simboli e confini sanciti dalla tradizione. Esse sono nate appena negli anni Trenta dello scorso secolo, ad opera dello storico Guido Angelo Facchini e in funzione specifica di rievocazione delle corse al Palio.
Già, il Palio. Al contrario delle Contrade, questo esisteva davvero, sin dall’epoca di Azzo VII Novello d’Este e costituiva un momento cruciale nel contesto sociale della città. Il Palio di Ferrara è peculiare per il tipo di corsa, che è corsa di festa a differenza di molti palii guerrieri, che prevedono invece l’impiego del “saraceno” o di qualche altro nemico da battere con la lancia. Venne istituzionalizzato dal Comune di Ferrara nel 1279, codificando tra le leggi una tradizione popolare di giochi e feste iniziata nel 1259. Gli statuti del 1287 disponevano che il Palio si corresse due volte l’anno: il 23 aprile in onore di San Giorgio, patrono di Ferrara, ed il 15 agosto in onore della Vergine Assunta. Il premio del vincitore era un panno di stoffa, al secondo spettava una porchetta e al terzo classificato un gallo. Il tradizionale palio di San Giorgio si correva lungo la Via Grande (attuali vie Ripagrande e Carlo Mayr) parallela alla riva del Po, partendo dal borgo della Pioppa fino al Castel Tedaldo (attuale zona dell’Acquedotto). Nel 1391, quando il marchese Alberto d’Este tornò da Roma vennero organizzate in suo onore tre corse di cavalli, una di asini, due di uomini e una di donne. Celebri, nella storia la parata ed il Palio del 1471 in onore di Borso d’Este che ritornava da Roma dopo avere ottenuto da papa Paolo II il titolo di duca di Ferrara ed altri privilegi. Grande risonanza ebbero le corse al tempo del duca Ercole I (1471-1505) e della moglie Eleonora d’Aragona. Delle corse al palio è rimasta memoria negli affreschi del Salone dei Mesi di palazzo Schifanoia dove sono raffigurati uomini, donne, il duca Borso, la corte, dame e nobili cavalieri che assistono dai balconi dei loro palazzi sullo sfondo di una città addobbata a festa. Durante il XVI secolo il campo delle corse venne spostato nelle strade più ampie dell’Addizione Erculea, realizzata da Biagio Rossetti, nella attuale corso Ercole I d’Este. Dopo la devoluzione dello Stato Estense alla Santa Sede (1598) le feste continuarono ma più che altro legate al carnevale. Negli anni ’30 del 1900 Guido Angelo Facchini riprese la tradizione Estense che, dopo un’altra lunga interruzione, venne ripristinata nel 1968.
Il Palio moderno
La struttura attuale risale al 1968, al momento della meritoria riesumazione del Palio da parte di Nino Franco Visentini.
Non è questo il luogo per ripercorrere i nostri travagliati esordi, ricchi assai più d’entusiasmo che di mezzi e di certezze: è però doveroso commemorare le due persone che hanno segnato la nascita e lo sviluppo della nostra Contrada nei suoi primi vent’anni: Natalino Accorsi, fondatore, anima e animatore del gruppo e Bruno Carrieri, appassionato ricercatore storico e coscienza critica.
Oggi la Contrada è sempre più un luogo di aggregazione che va al di là delle generazioni, dei ceti sociali e delle scelte individuali: essa mira a conglobare persone che, nel mutuo rispetto, collaborano nel quotidiano alla gestione dell’ambiente con un intendimento finale che si può così riassumere: vincere al Palio.
Per conseguire questo non facile intento si incanalano le migliori energie dei Contradaioli, suddivisi in nuclei operativi addetti ai più svariati incarichi: pulizie, cucina, sartoria, atleti (sbandieratori, musici), selezione dei campioni, attività di ricerca storica e di diffusione di notizie a mezzo stampa. La struttura assume infine una propria veste gerarchica in un Consiglio Direttivo eletto dall’Assemblea.